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Al bando gli animali non in CITES: la proposta di legge shock del M5S

L’On Vittorio Ferraresi del Movimento 5 Stelle è primo firmatario della proposta di legge 3592 che prevede il divieto d’importazione, commercializzazione, introduzione in natura, vendita, cessione e detenzione a qualunque titolo di specie animali alloctone non inserite nella CITES. Facciamo il punto della situazione.
La notizia è di quelle che lasciano veramente perplessi. Stiamo parlando della proposta di legge 3592 (Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale, e altre disposizioni in materia di tutela degli animali) che all’articolo 10 prevede quanto segue:
Art. 10. (Disposizioni in materia di divieti sull’importazione, commercializzazione, introduzione in natura, vendita, cessione e detenzione a qualunque titolo di specie animali alloctone). 1. È fatto divieto di importare o introdurre nel territorio nazionale, commercializzare, liberare in natura, vendere, cedere o comunque detenere a qualunque titolo specie animali alloctone non previste dalla convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, resa esecutiva dalla legge 19 dicembre 1975, n. 874.
2. Chiunque viola i divieti di cui al comma 1 è punito con l’arresto da tre a diciotto mesi e con l’ammenda da euro 30.000 a euro 150.000. In caso di recidiva, le pene dell’arresto e dell’ammenda sono aumentate del doppio. Qualora il reato sia commesso nell’esercizio dell’attività di impresa, alla condanna consegue la sospensione della licenza da un minimo di sei mesi a un massimo di due anni; in caso di recidiva reiterata la licenza è revocata.
3. Il presente articolo non si applica alle strutture autorizzate ai sensi del decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 73, ai centri di recupero di animali selvatici e ai centri di recupero di animali selvatici ed esotici riconosciuti dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
4. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai detentori di specie di cui al comma 1 è fatto obbligo di comunicare agli uffici territoriali del comando unità tutela forestale, ambientale ed agroalimentare dell’Arma dei carabinieri (CUTFAA) la detenzione di tali animali, che possono essere detenuti conformemente alle linee guida emanate dai Ministeri competenti entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. È previsto il pagamento di 10 euro per ogni animale di cui al comma 1 denunciato per la copertura delle spese relative ai controlli del CUTFAA.
Primo firmatario della pdl 3592 è Vittorio Ferraresi del M5S, sottoscrittori sempre del suo stesso partito sono: Paolo Bernini, Daga, Tripiedi, Bonafede, Agostinelli, Businarolo, Sarti, De Rosa, Micillo, Gagnarli, Busto, Simone Valente, Sibilia, Colonnese, Massimiliano Bernini, Parentela, Terzoni.
Prima di proseguire analizzando questa proposta di legge, voglio chiarire che le mie critiche non hanno alcuna natura politica, qui si parla di animali e di una grande passione che accomuna migliaia di persone in tutta Italia. Che la proposta di legge sia stata partorita dai 5 Stelle o da altri partiti poco cambia, almeno per quanto mi riguarda.
Conseguenze e impatto della pdl 3592 qualora venisse approvata
Anche dopo il chiarimento di Vittorio Ferraresi apparso su Anmvioggi.it, resta inequivocabile il fatto che così come è stato concepito questo pdl o meglio l’articolo 10 dello stesso, qualora dovesse essere approvato, si prospettano delle conseguenze poco felici sia dal punto di vista socio-economico che ambientale. Come mai? Facciamo delle ipotesi.
Vietare sostanzialmente la detenzione di specie alloctone non in CITES, vuol dire vietare il 90% degli animali che oggi vivono nelle case di milioni di italiani. Sì, stiamo parlando di animali comuni come i canarini, i criceti, ma anche i pesci d’acquario che sono di fatto alloctoni e non inclusi nella CITES (solo pochissimi pesci d’acquario rientrano nella convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione). In più, chiunque abbia questi animali, secondo quanto previsto dalla pdl 3592, entro tre mesi dall’entrata in vigore della stessa dovrà dichiararli alle autorità, pagando ben 10 euro per ogni animale rientrante in questa categoria (a rigor di logica quindi, anche per ogni singolo neon o guppy che si ha in acquario).
Tutto questo fa prospettare:
- Migliaia e migliaia di persone spaventate dalla prospettiva di dover cacciare tanti soldi o di rischiare di essere denunciati per possesso di animali vietati. Questo si traduce inevitabilmente in abbandoni incontrollati di specie alloctone nel territorio Italiano. Già li vedo, tutti presi dall’allarmismo a buttare pesci e tartarughe nei nostri laghi e criceti nei campi, pur di non rischiare. Come si dice: prevenire è meglio che curare. Questo chiaramente costituisce un grosso danno per il nostro ecosistema e la pdl 3592 finirebbe per avere l’effetto contrario.
- Considerando che gli animali che si potranno tenere saranno soltanto una piccola percentuale rispetto a oggi, crolleranno i settori commerciali legati all’acquariologia e agli uccelli che dopo i cani e gatti, reggono il mercato del pet in Italia. Questo si traduce in tante piccole attività che dovranno chiudere per forza di cose e aziende di una certa rilevanza ridotte quasi alla banca rotta, costrette a licenziare migliaia di dipendenti. Un altro colpo all’economia già instabile del nostro paese.
- La storia ci insegna che il proibizionismo foraggia e avvantaggia la criminalità. Per cui la terza prospettiva che individuo nell’attuazione della pdl 3592 è un forte aumento del mercato nero degli animali che diventeranno, ovviamente, il frutto proibito su cui si basano i mercati come quello delle droghe leggere (sulla cui legalizzazione, a mio avviso, dovrebbero concentrarsi i nostri politici).
Considerazioni sulla pdl 3592
Da appassionato di animali non posso che sentirmi minacciato da questa prospettiva, perché in ballo non c’è solo la mia passione e quella di tanti altri come me, ma un intero settore della nostra fragile economia che cadrebbe in ginocchio e il rischio concreto che gli alloctoni invasivi in natura aumentino drasticamente, proprio a causa di quella che per ora, fortunatamente, è ancora una proposta di legge.
Ciò che mi lascia ulteriormente perplesso è la natura stessa di questa pdl di legge che è al quanto inutile. Infatti, per il problema degli animali alloctoni invasivi esiste già il regolamento (Ue) N. 1143/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014 che prevede una lista di specie potenzialmente invasive da regolamentare, lista alla quale stanno lavorando attualmente persone competenti come biologi e zoologi.
Allora, a cosa serve questa pdl 3592?
Credo che come me, se lo stiano chiedendo tutti quelli che hanno fatto questa “bella scoperta” negli ultimi giorni. Per quanto mi riguarda, questa proposta di legge, come altre che toccano settori diversi, mi fa sospettare sempre di più che l’italia sia in mano a politici che agiscono senza cognizione di causa. A mio avviso questa è una proposta nata da un concetto che è assolutamente condivisibile (la prevenzione e la lotta alle specie alloctone invasive), ma messa in pratica in modo del tutto sbagliato. Non si può legiferare su una materia come questa senza pensare alle conseguenze, senza far scendere in campo scienziati ed esperti del settore per trovare la soluzione giusta a un problema che come tanti alti, non si risolve con il proibizionismo. Ma in Italia questa sembra ormai una costante.
L’idea che mi sto facendo in situazioni di questo genere è che si stia sempre di più formando uno stato di polizia, in cui chi governa deve sapere anche quanti e quali pesci hai nell’acquario e magari, perché no, provare a spillare qualche soldo che non guasta mai. Come se gli italiani non fossero già soffocati da un regime fiscale assurdo e da una burocrazia che nemmeno Terzo Reich.
Cosa possiamo fare per fermare il pdl 3592?
È stata recentemente indetta una petizione dall’associazione terraristica “Italian Gekko Association – IGA” sul sito Change.org, indirizzata proprio all’Onorevole Vittorio Ferraresi, per richiedere di ritirare la Proposta di Legge n° 3592 o comunque di eliminare l’articolo 10. Per firmare basta cliccare qui e seguire le indicazioni. È una procedura semplicissima, sicura e richiede solo pochi secondi.
Invito tutti gli appassionati e i sostenitori a unirsi e firmare la petizione per bloccare questa proposta di legge assurda.

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A sangue freddo
Il drago di Komodo attacca l’uomo? Scopriamo insieme

Il drago di Komodo (Varanus komodoensis), noto anche come Varano di Komodo, è una delle creature più affascinanti e temyte del regno animale. Questo rettile gigante è noto per la sua taglia imponente e il suo aspetto preistorico. Ma drago di komodo attacca l’uomo?
In questo articolo, esploreremo le caratteristiche uniche del drago di Komodo, le sue curiosità, la sua interazione con gli esseri umani e se è a rischio di estinzione.
Indice degli argomenti
Caratteristiche del drago di Komodo

Le caratteristiche del Drago di Komodo. Anfibierettili.it | Foto by Canva.
Drago di Komodo dimensioni e altro
Il drago di Komodo raggiunge in natura una lunghezza media di 3 metri e un peso di oltre 70 chilogrammi, quelli in cattività pesano di più. La sua pelle ruvida e squamosa, di colore grigio-marrone, lo aiuta a mimetizzarsi perfettamente con l’ambiente circostante.
Questi rettili possiedono una lingua biforcuta che utilizzano, grazie all’organo di Jacobson che ha senso vomeronasale, per annusare, localizzare e assaporare gli stimoli esterni.
La sua incredibile e lunga coda robusta li aiuta a mantenere l’equilibrio quando si alzano sulle zampe posteriori per arrivare a prede grandi. Inoltre, con colpi di cosa sono in grado di scaraventare a terra alcune prede.
Drago di Komodo cosa mangia

La lunga linfua biforcuta del Drago di Komodo. Anfibierettili.it | Foto by Canva.
Come possiamo ben capire, il drago di Komodo è carnivoro. Il drago di Komodo è un predatore estremamente abile e si nutre principalmente di carcasse di animali. Tuttavia, quando scarseggiano, questi rettili non esitano a cacciare animali vivi, inclusi cervi, bufali e maiali selvatici.
Il modo di cibarsi è vorace, tiene la preda con le zampe anteriori e poi stacca dei pezzi grossi di carne che poi inghiotte interi.
Drago di Komodo habitat
Questo grande rettile è originario delle isole indonesiane di Komodo, Rinca, Flores, Gili Dasami e Gili Motang.
Il drago di Komodo attacca l’uomo?

Il Drago di Komodo attacca l’uomo? Anfibierettili.it | Foto by Canva.
Nonostante la sua bellezza e la sua importanza ecologica, il drago di Komodo rappresenta una minaccia per gli esseri umani.
Ebbene sì, il drago di Komodo attacca l’uomo e ovviamente altri animali. Nonostante la reputazione di predatore feroce, gli attacchi del drago di Komodo agli esseri umani non accadono spesso. Pertanto, è fondamentale non avvicinarsi mai, mantenere una distanza di sicurezza e rispettare l’habitat naturale di questi animali.
Drago di Komodo morso
Una delle ragioni principali per cui il drago di Komodo è considerato pericoloso per l’uomo è per la sua forza. Questi rettili sono dotati di una bocca piena di denti affilati e un’ampia mandibola che può infliggere ferite profonde. Oltre a grossi artigli e le capacità fisiche già sopraindicate.
Inoltre, la saliva del drago di Komodo contiene una grande quantità di batteri nocivi che possono causare infezioni gravi e persino mortali alle loro prede. Quindi, la sua saliva risulta essere potenzialmente velenosa. Se si viene morsi bisogna andare subito al pronto soccorso, così da ricevere le cure adeguate e una terapia antibiotica.
I draghi di Komodo sono a rischio di estinzione?
Il drago di Komodo è considerato una specie in pericolo secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). La deforestazione, la caccia illegale e la riduzione delle prede disponibili sono le principali minacce che mettono a rischio la sopravvivenza di questi rettili.
Sforzi di conservazione, come la creazione di parchi nazionali e programmi di riproduzione in cattività, sono stati implementati per proteggere il drago di Komodo e il suo habitat.
Lotta tra due draghi di Komodo video
Il drago di Komodo attacca l’uomo? Conclusione
In conclusione, il drago di Komodo è un animale affascinante ma anche pericoloso per l’uomo. Il suo morso può causare ferite gravi e le infezioni associate possono essere fatali se non trattate correttamente.
Inoltre, il suo comportamento predatorio può rappresentare una minaccia per gli esseri umani che vivono o visitano le isole abitate da questi rettili. È fondamentale rispettare queste creature e prendere precauzioni adeguate quando si interagisce con loro per garantire la sicurezza di entrambi gli animali e gli esseri umani.
Leggi anche: Iguana marina: una specie affascinante delle isole Galapagos

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A sangue freddo
Le tartarughe sono rettili o anfibi?

Le tartarughe sono creature affascinanti, con il loro aspetto unico e il comportamento interessante. Molte persone però sembra ancora non abbiano capito se le tartarughe sono rettili o anfibi.
In questo articolo, approfondiremo le caratteristiche delle tartarughe ed esploreremo ciò che determina se appartengono al gruppo dei rettili o degli anfibi. Comprendendo le caratteristiche e i tratti chiave di queste straordinarie creature, possiamo ottenere un apprezzamento più profondo per il loro posto nel regno animale.
Indice degli argomenti
Differenza tra rettili e anfibi
Di seguito vediamo brevemente la differenza per comprendere meglio in quale categoria rientrano le tartarughe. Qui potete leggere un approfondimento sulla differenza tra anfibi e rettili.
Rettili: animali a sangue freddo

Le tartaruga è un rettile o un anfibio? Anfibierettili.it | Foto by Canva.
I rettili sono un gruppo di animali che includono serpenti, lucertole, coccodrilli e, appunto, le tartarughe. Una delle caratteristiche distintive dei rettili è la loro natura a sangue freddo.
A differenza dei mammiferi a sangue caldo, i rettili non possono regolare la loro temperatura corporea internamente e si affidano a fonti esterne per riscaldarsi o raffreddarsi. Questo adattamento consente loro di sopravvivere in vari ambienti, dai deserti roventi alle tundre ghiacciate.
Le tartarughe condividono diverse caratteristiche con altri rettili che consolidano la loro classificazione all’interno di questo gruppo. In primo luogo, i loro corpi sono coperti di squame. Queste squame sono fatte di cheratina, lo stesso materiale che si trova nei capelli e nelle unghie umane.
Inoltre, le tartarughe possiedono un guscio osseo che funge da scudo contro i predatori e fornisce supporto strutturale. Il guscio è composto da due parti: il carapace (la parte superiore) e il piastrone (la parte inferiore), che sono fusi alla spina dorsale e alla gabbia toracica della tartaruga.
Un’altra caratteristica che colloca le tartarughe tra i rettili è il loro metodo di riproduzione. La maggior parte dei rettili, comprese le tartarughe, depongono le uova piuttosto che dare alla luce giovani vivi. Uova che in genere hanno un guscio solido, a differenza di quelle “gelatinose” degli anfibi.
Le tartarughe femmine scavano nidi in terreno sabbioso o depongono le uova in buche che hanno scavato. Le uova vengono quindi lasciate incubare e i piccoli emergono dopo un determinato periodo di tempo.
Anfibi: tra terra e acqua

Le tartarughe sono rettili o anfibi? Anfibierettili.it | Foto by Canva.
Gli anfibi, d’altra parte, sono un gruppo distinto di animali che includono rane, rospi, tritoni e salamandre. A differenza dei rettili, gli anfibi sono noti per la loro capacità di vivere sia sulla terra che nell’acqua. Questo duplice stile di vita è reso possibile dai loro adattamenti unici, come la pelle permeabile con la capacità di respirare attraverso la pelle.
Mentre le tartarughe possono condividere alcune somiglianze con gli anfibi, mancano delle caratteristiche chiave che definiscono questo gruppo. Gli anfibi hanno tipicamente una pelle umida e ghiandolare che aiuta la respirazione, mentre le tartarughe hanno la pelle secca e squamosa.
Inoltre, la maggior parte degli anfibi subisce metamorfosi durante il loro ciclo vitale, passando dalle larve acquatiche agli adulti terrestri. Le tartarughe, tuttavia, non subiscono una trasformazione così drammatica.
Le tartarughe sono rettili o anfibi? La risposta

Le tartarughe sono rettili o anfibi? Anfibierettili.it | Foto by Canva.
Sulla base di quanto detto, diventa chiaro che le tartarughe sono rettili e non anfibi. La loro natura a sangue freddo, la pelle squamosa e il metodo di riproduzione le allineano con altre specie di rettili.
Inoltre, la presenza di un guscio osseo consolida ulteriormente la loro classificazione all’interno del gruppo di rettili. Mentre le tartarughe possono condividere alcune somiglianze superficiali con gli anfibi, le loro caratteristiche distinte le collocano saldamente nella categoria dei rettili.
L’importanza di comprendere la classificazione
Comprendere la classificazione degli animali è fondamentale per scienziati e ricercatori in quanto li aiuta a organizzare e studiare la vasta diversità della vita sulla Terra.
Classificando gli animali in diversi gruppi in base a caratteristiche condivise, gli scienziati possono comprendere meglio le loro relazioni evolutive e i ruoli ecologici. Questa conoscenza è essenziale per gli sforzi di conservazione della biodiversità.
Le tartarughe sono rettili o anfibi: conclusione
Le tartarughe sono rettili, non anfibi. Apprezzando le caratteristiche uniche delle tartarughe e comprendendo il loro posto nel regno animale, possiamo ottenere una comprensione più profonda di queste straordinarie creature e della loro importanza nella natura.

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A sangue freddo
Iguana marina: una specie affascinante delle isole Galapagos

Le isole Galapagos, situate nell’Oceano Pacifico, sono rinomate per la loro fauna selvatica unica e diversificata. Tra le affascinanti creature che popolano queste isole vulcaniche c’è l’iguana marina (Amblyrhynchus cristatus).
In questo articolo, approfondiamo le caratteristiche e i comportamenti interessanti dell’iguana marina, esplorando i suoi adattamenti fisici, le abitudini alimentari, la riproduzione e lo stato di conservazione.
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Caratteristiche dell’iguana marina: sopravvivere in un ambiente difficile

Caratteristiche fisiche dell’Iguana marina. Anfibierettili.it | Foto by Canva.
L’iguana marina è una specie diversa da qualsiasi altra iguana, infatti, possiede caratteristiche che le permettono di sopravvivere nelle difficili condizioni delle Isole Galapagos. Una delle sue caratteristiche più notevoli è la sua capacità di nuotare e cibarsi sott’acqua.
Aspetto fisico
A differenza di altre iguane, l’iguana marina possiede code appiattite lateralmente, che aiutano a muoversi attraverso l’acqua con facilità. Arriva alla lunghezza di 1,2 metri, il corpo è pesante e possiede un muso ottuso, una cresta che dalla coda arriva al collo e le sue zampe gli conferiscono un aspetto goffo.
Gli artigli lunghi e affilati consentono loro di aggrapparsi alle rocce e navigare su superfici scivolose, mentre le loro potenti mascelle sono perfettamente adattate per pascolare sulle alghe marine, la loro principale fonte di cibo.
Il colore, in generale, va dal nero al grigio scuro, però in alcune zone, come l’Isola di Hood, il colore varia dal nero, rosso e arancio, inoltre, la cresta e le zampe anteriori cono verdi.
Termoregolazione dell’iguana marina
Un altro notevole adattamento dell’iguana marina è la sua capacità di regolare la temperatura corporea, che consente loro di riscaldarsi rapidamente dopo il ritorno dalle loro spedizioni acquatiche.
Darwin notò che questi rettili a differenza di altri animali acquatici, quando erano in pericolo non correvano in mare, e ipotizzò che fosse per sfuggire ai predatori presenti in acqua. Ma recenti studi hanno ipotizzato che sia proprio per via della termoregolazione e per evitare di avere un improvviso abbassamento di temperatura entrando in acqua.
Abitudini alimentari: una dieta erbivora unica

L’alimentazione dell’iguana marina. Anfibierettili.it | Foto by Canva.
A differenza della maggior parte dei rettili, che sono principalmente carnivori, l’iguana marina è un erbivoro. La sua dieta consiste quasi esclusivamente di alghe marine, che ottiene immergendosi nell’oceano e raschiando le alghe dalle rocce con i suoi denti affilati. In rari casi si nutrono anche si crostacei e insetti.
Queste alghe sono ricche di sostanze nutritive e forniscono alle iguane marine il sostentamento di cui hanno bisogno per sopravvivere nel loro ambiente povero di nutrienti. È interessante notare che l’iguana marina ha sviluppato ghiandole specializzate che filtrano il sale in eccesso dal suo flusso sanguigno, permettendole di consumare alghe senza soffrire di disidratazione.
Riproduzione: la lotta per la sopravvivenza

La riproduzione dell’iguana marina. Anfibierettili.it | Foto by Canva.
La riproduzione è un aspetto cruciale della sopravvivenza di qualsiasi specie e l’iguana marina non fa eccezione. Durante il periodo di riproduzione, le iguane marine maschi si impegnano in feroci battaglie territoriali per stabilire il dominio e ottenere l’accesso alle femmine.
Una volta che un maschio ha assicurato con successo un territorio, le femmine sceglieranno in quale territorio entrare. In questi territori i maschi formano un harem dove si accoppiano senza ricevere interruzioni si altri maschi.
Dopo l’accoppiamento, la femmina deporrà le uova in una tana scavata nella sabbia, dove incuberanno per circa tre mesi e ne usciranno piccole iguana di circa 23 cm. Una volta schiuse, le giovani iguane devono affrontare il pericolo di numerosi predatori lungo la strada, tra cui uccelli, serpenti, e addirittura gatti.
Stato di conservazione: proteggere una specie unica

Stato di conservazione dell’iguana marina. Anfibierettili.it | Foto by Canva.
Nonostante i loro notevoli adattamenti e la nicchia ecologica unica, le iguane marine affrontano diverse minacce alla loro sopravvivenza. Infatti, sono considerate vulnerabile dalla IUCN, con alcune sottospecie più a rischio di altre.
Le attività umane, come la distruzione dell’habitat, l’inquinamento e l’introduzione di specie invasive, comportano rischi significativi per la loro popolazione. Inoltre, i cambiamenti climatici stanno causando l’innalzamento del livello del mare e l’alterazione delle correnti oceaniche, che possono influire sulla disponibilità di cibo per questi rettili.
Si stanno compiendo sforzi per proteggere l’iguana marina e il suo habitat. Il Parco Nazionale delle Galapagos, in collaborazione con varie organizzazioni di conservazione, ha implementato misure per regolare il turismo e controllare l’introduzione di specie non indigene.
Queste iniziative mirano a preservare il delicato equilibrio dell’ecosistema delle Isole Galapagos e garantire la sopravvivenza a lungo termine dell’iguana marina.
Iguana marina: conclusione
L’iguana marina, con i suoi adattamenti e comportamenti unici, è una vera testimonianza delle meraviglie dell’evoluzione. Dalla sua capacità di nuotare e cibarsi sott’acqua alla sua dieta specializzata e alle strategie riproduttive, questa specie si è ritagliata con successo una nicchia nel difficile ambiente delle Isole Galapagos.
Tuttavia, gli sforzi di conservazione in corso sono cruciali per salvaguardare il futuro di questi straordinari rettili e preservare la biodiversità di questo straordinario arcipelago.

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