Come le rane sopravvivono al gelo: la scienza dietro al loro “ibernarsi”

Le rane sopravvivono gelo grazie a un trucco della natura: sembrano sparire d’inverno, ma in realtà adottano strategie sorprendenti, arrivando persino a lasciarsi congelare senza morire.

Con i primi fiocchi di neve e le pozzanghere che si trasformano in cristalli di ghiaccio, le rane paiono svanire. Non più canti notturni, nessun guizzo nell’acqua: silenzio. Ma questo non significa che siano morte. Alcune di loro hanno trovato un modo quasi magico per sopravvivere, “ibernandosi” e lasciando che il corpo entri in una sorta di pausa vitale.

In certi casi resistono persino con il sangue trasformato in un fluido zuccherino che funziona come un antigelo naturale. La scienza oggi osserva con stupore questo fenomeno, non solo per curiosità, ma anche perché potrebbe insegnarci molto su medicina e conservazione degli organi.

Dove vanno le rane in inverno: i rifugi naturali

Quando l’aria si fa pungente e il ghiaccio ricopre stagni e ruscelli, le rane non si avventurano allo scoperto. Cercano angoli nascosti: il fondo fangoso di una pozza, un tronco cavo, un tappeto di foglie marce. A volte si rifugiano in tane dimenticate, abbandonate da topi di campagna o ricci. Non sono rifugi caldi: spesso la temperatura resta vicinissima allo zero. Eppure, per questi anfibi, è sufficiente per iniziare una straordinaria metamorfosi fisiologica.

Il fenomeno dell’ibernazione: cosa accade al corpo delle rane

Una rana in ibernazione sembra morta. Non respira, il cuore rallenta fino a fermarsi, i muscoli diventano rigidi. Ma in realtà è sospesa, come trattenuta in un limbo biologico. Gli organi riducono al minimo le loro funzioni, consumando pochissima energia.

Questa stasi è il loro modo di superare mesi in cui non c’è cibo, né possibilità di muoversi. È un rischio enorme: basta un errore nella tempistica o un disgelo anticipato per compromettere la sopravvivenza. Eppure, anno dopo anno, milioni di rane ripetono con successo questo rito invisibile.

Ghiaccio nel sangue: il ruolo del glucosio e delle sostanze crioprotettive

Ed eccoci al cuore del mistero: come fanno a non morire congelate? Alcune specie, quando sentono il freddo arrivare, riversano enormi quantità di glucosio nel sangue. È come se all’improvviso il loro organismo decidesse di riempirsi di zucchero. Questo zucchero non serve per dare energia, bensì per proteggere le cellule dal gelo.

In pratica funziona come un “paraurti chimico”: evita che i cristalli di ghiaccio lacerino i tessuti. Accanto al glucosio, ci sono altre molecole crioprotettive, ancora oggi oggetto di studio. Così, quando parte dell’acqua corporea si solidifica, cervello e cuore rimangono intatti, pronti a ripartire alla prima carezza di sole primaverile.

Le specie più resistenti al gelo

Tra le protagoniste assolute di questa impresa c’è la rana di legno (Rana sylvatica). In Nord America non è raro trovarla irrigidita sotto la neve, un piccolo blocco marrone con gli occhi vitrei. Eppure, quando arriva aprile, si risveglia e torna a saltare come se nulla fosse.

Non è l’unica: anche la rana maculata e altre specie affini resistono a temperature impossibili per la maggior parte degli anfibi. È un talento che permette loro di vivere in foreste boreali e tundre, ambienti che sembrerebbero del tutto inospitali per un animale a sangue freddo.

Differenze tra rane europee e nordamericane

Le rane europee, come la comune rana temporaria, preferiscono un approccio più “cauto”. Non si lasciano congelare del tutto: scelgono stagni profondi, dove l’acqua non ghiaccia mai del tutto, o si infossano nel fango. Lì affrontano l’inverno in letargo, in condizioni di scarsissimo ossigeno, ma senza arrivare al congelamento estremo. È una differenza significativa rispetto alle cugine americane, che hanno spinto l’adattamento fino al limite, trasformando il gelo in parte integrante della loro sopravvivenza.

Perché questa strategia è vitale per la sopravvivenza

Senza questi stratagemmi, le rane di climi freddi si estinguerebbero in poche generazioni. Il gelo non è solo una sfida di temperatura: significa assenza di insetti, di movimento, di possibilità di alimentarsi. Scomparire per mesi diventa quindi una necessità.

In primavera, quando il ghiaccio si ritira, gli anfibi sono già pronti a riprendere il ciclo vitale: accoppiamenti, deposizione delle uova, nuova generazione. La sopravvivenza dell’intera specie si gioca in quel fragile equilibrio tra immobilità e rinascita.

Cosa possiamo imparare dalle rane: spunti per la scienza medica

La scienza guarda a queste creature con ammirazione e interesse. Capire come le rane riescano a proteggere i loro tessuti dal gelo apre scenari rivoluzionari: conservare organi umani più a lungo, migliorare le tecniche di crioconservazione, forse un giorno persino rendere possibili viaggi spaziali con esseri umani “ibernati”.

È incredibile pensare che un piccolo anfibio, silenzioso sotto la neve, possa ispirare idee così futuristiche. Eppure, la natura spesso nasconde le sue risposte più audaci negli angoli più umili.

rane sopravvivono al gelo

Le rane ci ricordano che la vita può adattarsi a condizioni impensabili. Dal letargo fangoso delle specie europee al congelamento tollerato dalle rane nordamericane, questi anfibi dimostrano che sopravvivere al gelo è possibile con strategie sorprendenti. Se ti affascinano i segreti di questi animali, leggi anche l’articolo sui salti record delle rane e scopri le specie italiane più comuni.

Foto © Canva

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